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‘Ndrangheta: processo “Genesi” al clan Mancuso, sentenza rinviata a settembre

In Corte d’Appello a Catanzaro le discussioni degli avvocati di due dei 10 imputati. In primo grado a Vibo 31 assoluzioni divenute poi definitive

‘Ndrangheta: processo “Genesi” al clan Mancuso, sentenza rinviata a settembre

Slitta al 25 settembre la sentenza del processo d’appello nato dall’operazione antimafia denominata “Genesi”, coordinata dall’allora pm della Dda Luciano D’Agostino, scattata nell’agosto del 2000 contro boss e gregari dei clan Mancuso di Limbadi, Galati e Prostamo di Mileto, Soriano di Filandari, Morfei di Dinami.

Oggi è stata la volta delle discussioni degli avvocati di Giovanni Mancuso (Giuseppe Di Renzo e Francesco Stilo), di Francesco Mancuso, detto “Tabacco” (avvocati Giuseppe Di Renzo e Antonio Porcelli) e di Nicola Zungri (difeso da Domenico Ceravolo). Gli avvocati per i loro assistiti hanno concluso chiedendo alla Corte l’assoluzione. In particolare, i legali di Giovanni Mancuso hanno ricordato che nel processo nato dall’operazione “Impeto”, il teste Alfonso Carano, commerciante di Nicotera, non è stato creduto, tanto che gli imputati sono stati assolti sia in primo che in secondo grado. Carano è fra i testi pure del processo “Genesi”.

In primo grado a Vibo Valentia Giovanni Mancuso (in foto) è stato condannato a 6 anni per associazione mafiosa. Stessa pena pure per Francesco Mancuso, detto “Tabacco” (in foto) entrambi di Limbadi, mentre Nicola Zungri, Rosarno, è stato condannato a 9 anni di reclusione.

Le altre richieste di pena interessano:  i fratelli Diego Mancuso (per il quale la Dda in primo grado aveva chiesto 26 anni di reclusione), Pantaleone Mancuso, alias “l’Ingegnere”, tutti di Limbadi, e Giuseppe Santaguida, di Sant’Onofrio. Nei loro confronti la Procura generale di Catanzaro ha già chiesto nelle precedenti udienze la conferma della condanna a 6 anni per il reato associazione mafiosa.

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 Le rimanenti richieste di condanna riguardano invece: Nazzareno Prostamo (in foto in basso), di San Giovanni di Mileto (condannato a 14 anni in primo grado), Rocco Angiolini, di Dinami (9 anni in primo grado); Pasquale Pititto, di San Giovanni di Mileto (richiesta di pena a 8 anni); Mauro Campisi, di Monsoreto di Dinami (chiesti 7 anni).

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Ben 42 gli imputati giudicati in primo grado dal Tribunale di Vibo Valentia per un dibattimento durato quasi 10 anni e che ha registrato il cambio di diversi Collegi giudicanti per poi arrivare ad una sentenza con pene per complessivi 86 anni di carcere a fronte di una richiesta di condanna, formulata in aula dagli allora pm della Dda di Catanzaro, Giuseppe Borrelli e Simona Rossi, pari a 379 anni di reclusione. Le condanne sono state 11, ben 31 le assoluzioni, neppure appellate dalla Procura distrettuale di Catanzaro e divenute così definitive.

Associazione mafiosa, traffico di stupefacenti, usura, estorsioni, rapine, detenzione di armi i reati, a vario titolo, contestati.

Impegnati nel collegio di difesa gli avvocati: Antonio Porcelli, Francesco Stilo, Giuseppe Di Renzo, Francesco Sabatino, Piero Chiodo, Domenico Ceravolo, Mario Bagnato, Francesco Schimio.

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